54 Dimmi pur tosto qual sia il tuo pensiero,
Diceva il re, ch’ell’è presso alle mura,
Ch’io sento il fiato incomportabil, fiero,
E voi ’l dovete sentir per ventura.
Disse Rinaldo: Io non vo’ regno o impero;
Per gentilezza caccio e per natura;
E per amor della tua figlia bella
La vipra ucciderem crudele e fella.
55 Ulivier era un gentil damigello,
E tuttavia la fanciulla vagheggia;
Rinaldo l’occhio teneva al pennello29,
Con Ulivieri in francioso motteggia:
Disse: Il falcone ha cavato il cappello,29a
Non so se starna ha veduto, o acceggia30;
Ma parmi questo chiaro assai vedere,
Che noi sarem due ghiotti a un tagliere31.
56 Ulivier nulla rispose a Rinaldo,
Abbassò gli occhi, che tenea sì fissi:
Corbante un bando mandò molto caldo,
Che nessun più della terra partissi,
Tanto che il popol comincia a star saldo:
Rinaldo volle così si seguissi;
E fece fare un guanto, s’io non erro,
Coperto tutto di punte di ferro.
57 E prese poi da Corbante licenzia,
Che gli fe compagnia fino alla porta
Con molta gente e con gran reverenzia;
Poi gli diceva: Io non son buona scorta;
Io ti ricordo, tu abbi avvertenzia
Alla tua vita; e così lo conforta:
E in ogni modo te salvar mi piace,
Poi sia che vuol della fiera rapace.
58 Queste parole furon grate tanto,
Che se l’affisse Rinaldo nel core;
E disse: Il capo arrecarti mi vanto
In ogni modo, cortese signore:
La tua benedizion mi dà col guanto,
Conforta il popol tuo per nostro amore.
Corbante il benedì pietosamente,
E priega Iddio per lui divotamente.