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canto quarto. 71

54 Dimmi pur tosto qual sia il tuo pensiero,
     Diceva il re, ch’ell’è presso alle mura,
     Ch’io sento il fiato incomportabil, fiero,
     E voi ’l dovete sentir per ventura.
     Disse Rinaldo: Io non vo’ regno o impero;
     Per gentilezza caccio e per natura;
     E per amor della tua figlia bella
     La vipra ucciderem crudele e fella.

55 Ulivier era un gentil damigello,
     E tuttavia la fanciulla vagheggia;
     Rinaldo l’occhio teneva al pennello29,
     Con Ulivieri in francioso motteggia:
     Disse: Il falcone ha cavato il cappello,29a
     Non so se starna ha veduto, o acceggia30;
     Ma parmi questo chiaro assai vedere,
     Che noi sarem due ghiotti a un tagliere31.

56 Ulivier nulla rispose a Rinaldo,
     Abbassò gli occhi, che tenea sì fissi:
     Corbante un bando mandò molto caldo,
     Che nessun più della terra partissi,
     Tanto che il popol comincia a star saldo:
     Rinaldo volle così si seguissi;
     E fece fare un guanto, s’io non erro,
     Coperto tutto di punte di ferro.

57 E prese poi da Corbante licenzia,
     Che gli fe compagnia fino alla porta
     Con molta gente e con gran reverenzia;
     Poi gli diceva: Io non son buona scorta;
     Io ti ricordo, tu abbi avvertenzia
     Alla tua vita; e così lo conforta:
     E in ogni modo te salvar mi piace,
     Poi sia che vuol della fiera rapace.

58 Queste parole furon grate tanto,
     Che se l’affisse Rinaldo nel core;
     E disse: Il capo arrecarti mi vanto
     In ogni modo, cortese signore:
     La tua benedizion mi dà col guanto,
     Conforta il popol tuo per nostro amore.
     Corbante il benedì pietosamente,
     E priega Iddio per lui divotamente.