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canto quarto. 61

4 L’abate, ch’era prudente e saputo,
     Disse: Rinaldo, benchè duol mi fia,
     Chè mai qui mi saresti rincresciuto,
     Credo che questo buon concetto sia;
     Io son contento poi ch’io t’ho veduto:
     So che questa sarà la parte mia
     Di rivedervi più ch’egli è ragione;
     Però vi do la mia benedizione.

5 Se di vedere Orlando è il tuo pensiero,
     Vattene in pace, caro mio fratello;
     Dio t’accompagni per ogni sentiero,
     O come fece Tobbia Raffaello.
     Disse Rinaldo: Così priego e spero;
     Rivedrenci nel ciel su presso a Quello,
     Che de’ suo’ servi arà giusta merzede,
     Che combatton quaggiù per la sua fede.

6 Rinaldo si partì da Chiaramonte,
     E Ulivieri e Dodon, sospirando;
     Va cavalcando per piano e per monte,
     Per la gran voglia di vedere Orlando:
     Quando sarà quel dì, famoso conte,
     Dicea fra sè, ch’io ti rivegga, quando?
     Non mi dorrà per certo poi la morte,
     S’io ti ritrovo, e riconduco in corte.

7 Era dinanzi Rinaldo a cavallo,
     Ed Ulivier lo seguiva e Dodone,
     Per un oscuro bosco sanza fallo:
     Dove si scuopre un feroce dragone
     Coperto di stran cuoio verde e giallo,
     Che combatteva con un gran lione2;
     Rinaldo al lume della luna il vede,
     Ma che quel fussi drago ancor non crede.

8 Ed Ulivier più volte aveva detto,
     Siccom’avvien chi cavalca di notte:
     Io veggo un fuoco appiè di quel poggetto,
     Gente debbe abitar per queste grotte:
     Egli era quel serpente maladetto,
     Che getta fiamma per bocca ta’ dotte3,
     Ch’una fornace pareva in calore,
     E tutto il bosco copria di splendore.