73 I frati ognun la cappa si cavava;
Chi piglia sassi, e chi stanga, e chi mazza;
Ognuno addosso a costor si cacciava,
Molti uccidean di quella turba pazza:
Rinaldo tanti quel dì n’affettava,
Che in ogni luogo pel sangue si guazza;
A chi balzava il capo, e chi ’l cervello,
Come si fa delle bestie al macello.
74 E Ulivieri, ch’aveva Durlindana,
Tu dè’ pensar quel che facea di loro;
E’ fece in terra di sangue una chiana35:
Dodon pareva più bravo ch’un toro.
Missesi in fuga la gente pagana,
Chè non potean più reggere al martoro;
L’abate all’uscio per più loro angoscia
S’era recato, e nell’uscir fuor croscia36.
75 Subito la badia isgomberorno;
Molti ne fecion saltar le finestre,
Fino al deserto gli perseguitorno,
Poi gli lasciorno alle fiere silvestre;
I monaci la porta riserrorno,
E rassettârsi alle antiche minestre:
Poi riposato all’abate n’andava
Rinaldo presto, e così gli parlava:
76 Voi dite, abate, che siete cugino,
Se bene ho inteso tal ragionamento,
D’Orlando degno nostro Paladino;
Però di questo mi fate contento,
Donde disceso siete, e in qual confino,
E che cagion vi condusse al convento.
Disse l’abate: Se saper t’è caro
Quel che tu di’, tu sarai tosto chiaro.
77 Io fui figliuol d’un figliuol di Bernardo,
Che si chiamò dalla gente Ansuigi,
Fratel d’Amone, e fu tanto gagliardo,
Ch’ancor la fama risuona in Parigi
D’Ottone e Buovo, s’i’ non son bugiardo:
E la cagion ch’io vesto or panni bigi,
Fu dal ciel prima giusta spirazione,
Poi per conforto di Papa Lione.