Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/7

iv prefazione dell'annotatore

cendarono i dotti nel comentare le loro composizioni; ma la nazione, non eccettuatene le condizioni più alte, sol li conobbe di nome. Sul principio del secolo decimoquinto alcuni oscuri scrittori tolsero a fare romanzi in prosa ed in rima prendendo a tema le guerre di Carlomagno e di Orlando, e taluni le avventure di Arturo e dei cavalieri della Tavola Rotonda; le quali opere piacquero tanto che vennero rapidamente moltiplicate: nondimeno quel genere di poeti poneva piccola cura circa lo stile ed il verso; cercava solo le avventure, gl'incantamenti, le azioni miracolose. Il che almeno in parte ci spiega si rapida decadenza della poesia italiana, e quella corruzione singolarissima della lingua che seguì appena morto il Petrarca, e discese di male in peggio fino all’età di Lorenzo de’ Medici.

Fu allora che il Pulci compose il Morgante per trattenere piacevolmente Madonna Lucrezia, madre che fu di Lorenzo; e lo andava recitando a banchetto col Ficino, col Poliziano, con Lorenzo medesimo e cogli altri gloriosi uomini che di que’ tempi fioríano Fiorenza. Ma egli fedelmente si attenne all’orditura originale dei contastorie volgari, e se chi venne dopo rabbellì quei racconti per modo che appena possono essere riconosciuti, egli è certo che in verun altro poema si trovano così genuini e incorrotti come per entro il Morgante. Perocchè il Pulci, sebbene per ischerzo, acconciavasi al gusto dei tempi; ma poichè il gusto classico e la sana critica già prendevano piede, ed erano grandi gli sforzi dei dotti per sceverare la verità della storia dal caos della favola e delle tradizioni, il Pulci medesimo, sebbene introduca le fole più stravaganti, pur finge di deplorare gli errori di quelli che lo precedono.

E del mio Carlo imperador m’increbbo.

È stata questa istoria, a quel ch’i’ veggio,
Di Carlo malo intesa, e scritta paggio.
                              Morgante, Canto I, St. 4