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canto terzo. | 49 |
43 Rinaldo facea vista non udire,
E non gustar quel che diceva quello:
Non si voleva al pagano scoprire
Per nessun modo, e fa del buffoncello;
Ecco di molta broda comparire
In un paiuol, come si fa al porcello,
Ed ossa, dove i cani impazzerebbono,
E in Giusaffà16 non si ritroverrebbono.
44 Rinaldo cominciava a piluccare,
E trassesi di testa allor l’elmetto;
Ma Ulivier non sel volle cavare,
Così Dodon, chè stavon con sospetto:
Perchè Brunor, veggendogli imbeccare17
Per la visiera, guardava a diletto18,
E comandava a un di sua famiglia,
Ch’a’ lor destrier si traessi la briglia.
45 E fece dar lor biada e roba assai,
Dicendo: Questi pagheran lo scotto,
O l’arme lasceran con molti guai;
Non mangeran così a bertolotto19.
Dicea Rinaldo: Alla barba l’arai20;
E cominciò a mangiar com’un arlotto21:
Ma quel sergente, a chi fu comandato,
Avea il caval di Dodon governato.
46 Poi governò dopo quel Vegliantino
Ch’avea con seco menato il marchese;
Poi se ne va a Baiardo il Saracino;
E come il braccio alla greppia distese,
Baiardo lo ciuffò come un mastino,
E ’n sulla spalla all’omero lo prese,
Che lo schiacciò, come e’ fussi una canna,
Tal che con bocca ne spicca una spanna22.
47 Subito cadde quel famiglio in terra,
E poi per grande spasimo morio;
Disse Rinaldo: Appiccata è la guerra,
Lo scotto pagherai tu, mi cred’io:
Vedi che spesso il disegno altrui erra.
Quando Brunor questo caso sentio,
Disse: Mai vidi il più fiero cavallo,
Io vo’ che tu mel doni sanza fallo.
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