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46 il morgante maggiore.

28 I Maganzesi veggendo il furore,
     Di subito la sala sgomberorno.
     Carlo gridava: Questo è troppo errore;
     Rinaldo mette sozzopra ogni giorno
     La corte nostra, e fammi poco onore.
     I Paladini in questo mezzo entrorno,
     E tutti quanti confortâr Rinaldo,
     Ch’avessi pazienza, e stessi saldo.

29 Rinaldo dicea pur: Questo fellone
     Non vo’ che facci mai più tradimento;
     O Carlo, o Carlo, questo Ganellone
     Vedrai ch’un dì ti farà malcontento.
     Carlo rispose: Rinaldo d’Amone,
     Tempo è d’ adoperar sì fatto unguento;
     A qualche fine ogni cosa comporto.
     Disse Rinaldo: Ch’Orlando sia morto.

30 A questo fine il comporti tu, Carlo,
     E che distrugga te, la corte, e ’l regno:
     Io voglio il mio cugino ire a trovarlo.
     Ed Ulivier dicea: Teco ne vegno.
     Dodon pregò ch’e’ dovessi menarlo,
     Dicendo: Fammi di tal grazia degno:
     Disse Rinaldo: Tu credi ch’io andassi,
     Che ’l mio Dodon con meco non menassi?

31 Chiamò Guicciardo, Alardo, e Ricciardetto:
     Fate che Montalban sia ben guardato,
     Tanto ch’io truovi il cugin mio perfetto:
     Ognun sia presto là rappresentato;
     Ch’i ho de’ traditor sempre sospetto;
     E Gan fu traditor prima che nato:
     Non vi fidate se non di voi stesso,
     E Malagigi getti l’arte5 spesso.

32 Rinaldo, il suo Dodone, e Ulivieri
     Da Carlo imperador s’accommiatorno;
     E nel partirsi, questi cavalieri
     Tre sopravveste verde si cacciorno,
     Che in una lista rossa due cervieri
     V’era, e con esse pel cammino entrorno:
     Era quest’ arme d’un gran Saracino
     Disceso della schiatta di Mambrino.