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32 il morgante maggiore.

49 Che non sa quel che beneficio sia,
     Non si ricorda ch’io sia suo nipote,
     O ch’in in sua corte in Francia stessi, o stia;
     Basta che Gan, ciò che vuol, con lui puote,
     Tanto ch’io me ne vado in Pagania,
     Pur come voglion le volubil ruote:
     E dì, ch’ i’ ho sol con meco un gigante,
     Ch’è battezato, appellato Morgante.

50 Il caval che tu vedi, e questa spada,
     Altro non ho, se non questa armadura;
     E ch’io non so io stesso ov’io mi vada,
     O dove ancor mi guidi la ventura:
     Ma inverso Barberia tengo la strada.
     Andrò dove mi porta mia sciagura,
     Poi ch’e’ consente a cercar la mia morte;
     E che mai più non tornerò in sua corte.

51 Dimmi a Rinaldo mio, figliuol d’Amone,
     Che la mia compagnia, ch’io vi lasciai,
     Gli raccomando con affezione;
     Ch’io penso in Pagania morire omai:
     Saluta Astolfo, Namo, e Salamone,
     E Berlinghier che sempre molto amai:
     A Ulivier dì che la sua sorella
     Gli raccomando, e mia sposa Alda bella.

52 Dimmi al Danese, caro imbasciadore,
     Che in Francia a questi tempi non m’aspetti:
     E dì ch’ i’ ho Cortana, e ’l corridore,
     Acciò che forse di ciò ignun sospetti:
     Della mia sopravvesta il suo colore
     Vedi come è dipinta a Macometti:
     Che si ricordi del suo caro Orlando,
     Che va pel mondo sperso or tapinando.

53 Dimmi il tuo nome or, se t’ è in piacimento.
     Ond’ e’ rispose: Questo è ben dovere,
     O signor mio; chiamar mi fo Chimento:
     Cristo ti muti di sì stran pensiere,
     Chè tua risposta mi dà gran tormento:
     Questo non è quel che ’l signor mio chiere32:
     Io voglio, Orlando mio, mi perdoniate,
     E che alquante parole m’ascoltiate.