114 Disse il gigante: Se’ tu quel Pagano,
Ch’al mio Dombruno hai fatto villania?
È questa la tua femmina, ruffiano?
Rispose Orlando: Per la testa mia,
Che gentilezza è teco esser villano:13
Così di te, come dell’altro fia;
Quel ch’io gli ho fatto mi pare una zacchera,14
Tanto è che preso non fia più a mazzacchera.15
115 Questa fanciulla ha cento servi e ’l padre,
Che te per servo non vorrebbon, credi;
E le sue membra, che son sì leggiadre,
Volevi pel tributo ch’ancor chiedi;
E se’ venuto qua con queste squadre,
E di’ ch’io son ruffian: néttati i piedi;
Chè per voler bagasce e concubine,
Arà il peccato tuo sue discipline.
116 Disse il gigante: E’ non son sempre equali,
Come tu sai, le forze di ciascuno,
I denti miei saranno di cinghiali,
Non ti parranno forse di Dombruno:
Otto giganti siam fratei carnali;
Signor là della valle di Malpruno
Cinque ne sono, e noi tre siamo insieme,
Dove la rena come il gran mar freme.
117 Rispose Orlando: I cinque pel bollire
Sono scemati, e questo abbi per certo.
Con questa spada un ne feci morire,
E l’altro un mio cugin ch’è molto sperto:
Una fanciulla usoron già rapire
Al re Gstanzo, e stavan nel deserto,
Quale ho con meco, molto ornata e bella,
E voglio al padre suo rimenar quella.
118 E s’io ritorno mai per quel paese,
Ch’io truovi ancor que’ tre nella foresta,
Io non sarò, com’io fu’ già cortese,
Ch’a tutti a tre dipartirò la testa.
Or Salicorno tanta ira l’accese,
Che cominciava a menar gran tempesta,
Quando e’ sentì ricordar tanti torti,
E come due de’ suoi fratei son morti.