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canto decimosettimo. 363

69 Non intendeva Gan questo linguaggio,
     Se non che la fanciulla gliel chiarì:
     I mamalucchi voglion per vantaggio
     Per ogni bastonata un nasserì
     Da ogni peccator che fanno oltraggio:
     Or vedi, Ganellon, la cosa è qui;
     Il tradimento a molti piace assai,
     Ma il traditore a gnun non piacque mai.

70 Così in parte portò la penitenzia
     Il traditor di Gan de’ suoi peccati,
     Chè per occulta e divina sentenzia
     Sono assai volte i nostri error purgati;
     Ma voglionsi portar con pazienzia,
     Non come Giuda andar tra’ disperati:
     Dunque e’ si vede alfin la sua vendetta
     Per qualche via, chi luogo e tempo aspetta.

71 Guicciardo ringraziò quanto più puote
     La damigella di quel ch’avea fatto;
     Ma per dolore il petto si percuote,
     Ch’Ulivier di prigion non era tratto
     E Ricciardetto, e bagnava le gote,
     Temendo che il Soldan non rompa il patto:
     Ma quanto può, dà lor costei conforto,
     Ch'a niun di lor non sarà fatto torto.

72 Allor pregorno Guicciardo e ’l fratello:
     Piacciati, Antea venire in cortesia,
     A star del tuo Rinaldo nel castello,
     Tanto che torni in qua di Pagania;
     Non ti bisogna omai combatter quello,
     Ogni cosa ti diamo in tua balía.
     Della qual cosa fu costei contenta;
     E Ganellon nella prigione stenta.

73 Lasciamo Antea, che stava a suo piacere
     A Montalbano, e ’l suo Rinaldo aspetta;
     E molto onor secondo il lor potere
     Fanno i Cristiani a questa donna eletta.
     Orlando va con molto dispiacere
     Con quella sventurata poveretta,
     Come dicemo, che s’era fuggita
     Da que’ giganti, per campar la vita.