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362 il morgante maggiore.

64 E funne al padiglion preso menato.
     Quivi allor Ganellon con lei s’accosta:
     Disse la Dama a Gan: C’hai tu pensato
     Far di costor? rispondimi a tua posta.
     Quel traditor, che stava apparecchiato,
     Non ebbe troppo a pensar la risposta,
     E disse: Dama, a voler giucar netto,
     Io gli farei impiccar: questo è in effetto.

65 Rispose la figliuola del Soldano:
     Non dubitate, cavalier, d’Antea:
     Colui, per cui tenete Montalbano,
     Giostrò con meco, e so che mi potea
     Uccider con la lancia ch’avea in mano,
     Ma nol sofferse il ben che mi volea;
     E per suo amor vo’ render guidardone,
     E non sarà contento Ganellone.

66 Io giostrai in Persia col vostro Ulivieri,
     E vinsilo, e così poi Ricciardetto,
     Quantunque io nol facessi volentieri,
     E molto duol ne sento, vi prometto;
     Però ch’io gli ho lasciati prigionieri
     Al padre mio, e stonne con sospetto:
     Rinaldo è ito acquistar pel suo meglio
     Della Montagna quell’antico Veglio.

67 E come questo acquistato sarà,
     Gli renderà i prigioni il padre mio;
     E so che presto ne verranno in qua;
     Della qual cosa i’ ho troppo disio:
     Nè infin che sia tornato, il cor mi sta
     Contento drento al petto, pel mio Dio:
     Or questo traditor can rinnegato
     Si pentirà di quel c’ha consigliato.

68 E fecegli imbottire8 il giubberello
     Da quattro mamalucchi co’ bastoni;
     Nè mai campana suonò sì a martello,
     Quanto e’ sonavan le percussioni:
     Guicciardo ne godea, così il fratello.
     Poi che battuto fu, que’ compagnoni
     Lo rizzon sù con ischerno e con beffe,
     Dicendo tutti: Nafferì9 bizeffe.10