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canto decimosettimo. 361

59 Pur se con meco volete provarvi,
     Contento son, ma facciam questo patto,
     Che a Babillona dobbiate tornarvi
     Con tutta vostra gente, s’io v’abbatto;
     Se mi vincete, il castel vo’ donarvi.
     Rispose Antea: Per Macon, ciò sia fatto;
     Piglia del campo, gentil mio Guicciardo,
     Ch’io proverrò come sarai gagliardo.

60 Preso del campo, le lance abbassaro,
     E vengonsi a ferir con gran fierezza;
     E poi che insieme i destrier s’accostaro,
     Il buon Guicciardo la sua lancia spezza,
     E molti tronchi per l’aria n’andaro;
     Ma la fanciulla il colpo poco apprezza,
     E per tal modo Guicciardo ha ferito,
     Che di cadere alfin prese partito.

61 Disse la dama: Tu se’ mio prigione,
     Io vo’ provarmi con quell’altro ancora.
     E mandò via Guicciardo al padiglione,
     E ’nverso Alardo s’accostava allora,
     E disse: Piglia del campo, barone,
     Poi che Guicciardo della sella è fuora.
     Alardo presto allor del campo tolse,
     E l’uno incontro all’altro il destrier volse.

62 Vanno più presto ch’uccello, o saetta
     Di buon balestro o arco diserrata,
     E pensa ognun la lancia in resta metta,
     Quando fu tempo d’averla abbassata:
     E come insieme furono alla stretta,
     Tremò la terra, e parve impaurata,
     Tanto Antea grida, e ’l suo caval conforta,
     Che ’l suo signor come un drago ne porta.

63 Alardo nello scudo appiccò il ferro,
     E fece colla lancia il suo dovuto;
     Ma poco valse il colpo, s’io non erro,
     Chè nol passò, benchè sia molto acuto,
     Perchè non era una foglia di cerro:
     E finalmente restava abbattuto,
     Ch’al colpo della donna non s’attenne;
     Tanto ch’a lui come a quell’altro avvenne,