54 La qual, come costor vide venire,
Fecesi incontro benigna e modesta,
E dicea seco: E’ non posson disdire,
Che non sian di Rinaldo e di sua gesta,
Tanto sopra il caval mostran d’ardire;
L’aspetto e ’l modo lor lo manifesta:
E di Rinaldo suo pur si risente,
E salutògli graziosamente,
55 E disse: Tu, che innanzi agli altri guardo
Sanza che ’l nome tuo più oltre dica,
Se’ quel gentil baron detto Guicciardo
Dove ogni gentilezza si nutrica;
Quell’altro cavalier chiamato è Alardo,
In cui risurge ogni eccellenzia antica:
Ma dimmi, ove hai tu lasciate le chiavi,
Che in su la lancia dicesti arrecavi?
56 Guicciardo gli rispose: O damigella,
Io non so la cagion della tua impresa,
Ma poi che così è, venuto in sella
Sono in sul campo per la mia difesa;
E certo tu mi par donna sì bella
Che di combatter con teco mi pesa:
Se ignun de’ miei t’ha fatto mancamento,
Per la mia fè ch’io ne son malcontento.
57 Ed arei caro intender qual sia quello
Che t’abbi fatto ingiuria, ove, o in qual parte,
Per darti poi le chiavi del castello,
Chè tu mi par, quand’io ti guato, Marte,
Nè altro fuor ch’un mio carnal fratello,
E ’l mio cugin maestro di quest’arte,
Cioè Orlando e Rinaldo d’Amone,
Vidi star meglio armato in su l’arcione.
58 Rispose allora a Guicciardo la dama:
Per gentilezza, e non per nimistate,
Per acquistar con teco in arme fama,
Vengo a combatter la vostra cittate.
Disse Guicciardo: Se questa si chiama,
Gentil madonna, come voi parlate,
Forse ch’ell’è gentilezza in Soria,
Ma in Francia nostra mi par villania.