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canto decimosettimo. 353

19 E ritornossi sospirando drento,
     E ridiceva al Soldano ogni cosa:
     Non domandar come Gan fu contento:
     Dell’allegrezza non trovava posa;
     E perchè e’ fussi doppio il tradimento,
     Disse così: Se tu vuoi còr la rosa
     A tempo, e sanza pugnerti la mano,
     Un altro bel partito ci è, Soldano.

20 Rinaldo non arà col Veglio scampo:
     Or mi parrebbe la tua figlia andassi
     A Monalbano intanto a porre il campo,
     E bastere’ trentamila menassi,
     Prima che sia raffreddo questo vampo:
     Orlando non v’è or, che rimediassi,
     Ma sol Guicciardo, Alardo e Malagigi;
     E preso Montalban, preso è Parigi.

21 Questo Ulivieri e questo Ricciardetto
     De’ miglior paladin son ch’abbi Carlo:
     Carlo in Parigi è rimaso soletto,
     E per paura attenderà a guardarlo:
     Qui è il partito vinto, e ’l giuoco netto,
     Pur che tu sappi, signor mio, pigliarlo:
     Donde al Soldan troppo la ’mpresa piace,
     E ciò c’ha detto Gan gli fu capace.4

22 E la figliuola scongiurava e priega
     Che ora è tempo acquistar qualche fama;
     Ma la fanciulla al principio ciò niega,
     Come colei che Rinaldo molto ama:
     E molto saviamente al padre allega,,
     Che sempre più l’onor che l’util brama,
     E che Rinaldo voleva aspettare
     E ciò ch’aveva promesso osservare.

23 Il padre rispondea: Prima che torni
     Dal Veglio, o ch’e’ gli dia sì tosto morte,
     Saranno trapassati molti giorni:
     Tu sarai a Montalban prima alle porte
     Co’ tuoi stendardi, e’ tuoi baroni adorni;
     Ed oltre a questo, Orlando or non è in corte,
     Nè Ricciardetto, Ulivieri o Rinaldo;
     Però battiamo il ferro mentre è caldo.5