Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/363

344 il morgante maggiore.

97 Al re Gostanzo l’avevon rubata,
     Ch’era signor della Bellamarina:
     In questa grotta l’avevon legata,
     E molto la sua vita era meschina:
     E come giunse la nostra brigata,
     L’un de’ giganti a Rinaldo cammina,
     E in ogni modo Baiardo volea,
     E minacciaval, se non ne scendea.

98 E dice: Tu potrai poi starti meco,
     E menerotti per queste contrade;
     Aiutera’mi a recar ciò ch’io reco,
     Chè ogni giorno rubiam queste strade.
     Disse Rinaldo: Dunque starò teco,
     Se drieto ti verrò per le masnade?
     Tu mi par poco pratico, gigante,
     Ch’io non son uom da star teco per fante.

99 E detto questo, Baiardo scostava,
     Poi cogli sproni in su’ fianchi ferillo,
     In modo che tre lanci egli spiccava,
     Che gozzivaio16 non parea ma grillo;
     La lancia abbassa, e ’l gigante trovava:
     In mezzo il petto col ferro ferillo,
     E passò il cuore al gigante gagliardo,
     Ed anco d’urto gli diè con Baiardo.

100 Un di quegli altri ad Orlando s’accosta,
     E ’n sull’elmetto gli diè sì gran picchio,
     Che se non fussi che l’arme fe sosta,
     E’ gli levava del capo uno spicchio.
     Non si potè riavere a sua posta
     Orlando, che pel duol si fece un nicchio,
     E tramortito par che giù cascasse,
     Ma il fer gigante di sella lo trasse,

101 E portollo di peso un mezzo miglio,
     Per gittarlo in un luogo fuor di strada:
     Orlando ritornò nel suo consiglio,
     Videsi preso, e pigliava la spada,
     E ficcolla al gigante in mezzo al ciglio,
     Tanto che morto convien che giù vada:
     Che per l’orecchio riuscì dal lato,
     Sicchè pel colpo il gigante è cascato.