67 E parvegli ch’Antea se ne ridesse,
Quand’ella volse il cavallo arabesco:
Volto Rinaldo, l’aste in resta messe,
E con Baiardo fe del barberesco;
Ma come e’ par ch’alla dama s’appresse,
Un bello scudo ch’aveva moresco,
Subito drieto alle spalle gittava,
E gittò via la lancia che portava.
68 Veggendo questo Antea, ch’era gentile,
Subito anch’ella lo scudo volgea,
Per non parer nè villana nè vile;
Orlando troppo di ciò si dolea,
E dice: L’esca riscalda il fucile;
Maladetta sia tu per certo, Antea:
Or vedi, Ricciardetto, ove noi siamo;
Qui si convien che l’arme adoperiamo.
69 Chè quando io vidi Antea sì larghi patti
Far, se Rinaldo la vinceva in giostra,
Io dissi: Or sono acconci i nostri fatti,
A salvamento omai la terra è nostra;
Ora ho temenza al fin non siam disfatti,
Poi che tanta pazzia Rinaldo mostra:
Parmi ch’uscito sia dello intelletto.
E così a me; diceva Ricciardetto.
70 Accostasi a Rinaldo Orlando allora,
E disse: Dimmi, dove tu hai apparato
Giostrar così, ch’io nol sapevo ancora?
E molto caro ho tu m’abbi insegnato:
Veggo che ’l foco drento ben lavora,
E ’n questo dì riman vituperato.
Disse la dama: Così vuole Amore;
Prendi del campo tu, gentil signore.
71 Allor comincia Ulivieri a pregare:
Per grazia, car cognato, ti domando,
Che tu mi lasci con questa provare.
Io son contento, rispondeva Orlando;
Non che pregarmi, tu puoi comandare:
Ulivier venne il suo destrier voltando,
E quanto gli parea del campo prese;
Così la donna, e volsesi al marchese.