27 Così la festa ristette col ballo,
E dipartissi la donna famosa;
Rinaldo compagnia gli fe a cavallo
Insino appresso ove il Soldan si posa;
E morir si credette sanza fallo,
Quand’e’ lasciò questa dama vezzosa,
E con fatica le lacrime tenne,
Insin che pure a casa se ne venne.
28 Il Soldan domandò quel ch’avea fatto
La gentil figlia in Persia co’ Cristiani;
Ella gli disse la convegna e ’l patto,
Che ’l terzo dì debb'essere alle mani;
E che sperava dare scaccomatto
Al buon Rinaldo con l’arme in su’ piani,
E racquistar tutte le terre sue:
Donde il Soldan molto contento fue;
29 Però che molto in costei si fidava.
Or ci convien tornare a dar conforto
A Rinaldo, ch’a letto se n’andava,
E non pareva già vivo nè morto,
Ma con sospiri Antea sua richiamava;
Dicendo: Lasso, tu m’hai fatto torto,
Avermi dato e poi furato il core!
E detto questo si dolea d’Amore.
30 Come hai tu consentito, che costei
M’abbi così rubato da me stesso,
E transformato così tosto in lei,
Tanto che quel ch’io fui non son più desso?
Ella se n’ha portati i pensier miei,
Questo non è quel che tu m’hai promesso!
E non ti gloriar, se col tuo arco
Per donna sì gentil m’hai preso al varco.
31 Chè non sarebbe ingannata Europia,5
Non si sarebbe transformato in toro
Giove, e mutata la sua forma propia,
Nè Ganimede rapito al suo coro,
S’avessi visto sì leggiadra copia:
E non sarebbe Dafne un verde alloro,
Se Febo avessi veduto il dì Antea,
Che, innamorato: Aspetta; pur dicea,