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canto decimosesto. 325

2 Pareva Antea mill’anni di vedere
     Rinaldo, ed Ulivieri, e ’l conte Orlando,
     E Ricciardetto sì buon cavaliere;
     E tuttavolta si viene assettando:
     Della sua gente ordinava tre schiere
     Forniti d’arme e di lancia e di brando,
     E dal Soldan facea la dipartita,
     E finalmente in Persia ne fu ita.

3 Nè prima giunse in su la piazza questa,
     Ch’una lancia pigliò con gran fierezza,
     Mosse il cavallo, e poi la pose in resta,
     Ruppela in terra con gran gentilezza;
     E mentre che ’l caval furia e tempesta,
     Volselo in aria con tanta destrezza,
     Che non lo volse mai sì destro Ettorre;
     E ’l popolo a furor là a veder corre.

4 Rinaldo, che vedea dalla finestra,
     Maravigliossi troppo di quell’atto,
     E disse: Donna mai vidi sì destra,
     Nè cosa più mirabil ch’ella ha fatto:
     Questa è pur d’ogni cosa la maestra.
     Orlando ne pareva stupefatto,
     E vanno tutti incontro alla donzella,
     Ed evvi Luciana e Chiariella.

5 E giunti appresso alla gentil Pagana,
     Ognun la salutò con grand’onore;
     Ella rispose in lingua soriana
     Cose che tutti infiammava nel core;
     E in mezzo a Chiariella e Luciana
     Menata fu nel palazzo maggiore,
     E in una ricca sedia a seder posta;
     Poi fece in questo modo la proposta.

6 Quel primo Dio che fece cielo e terra,
     E la natura, e stelle, e sole, e luna,
     Ed a sua posta l’abisso apre e serra,
     E fa, quando e’ vuol, l’aria chiara e bruna,
     E che, pietoso e giusto, e mai non erra,
     Benchè ciascun pur gridi alla fortuna;
     Salvi e mantenga il mio padre Soldano,
     E ’l buon Rinaldo e ’l Senator Romano:

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