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312 il morgante maggiore.

54 Poi ritornava, per dargli la mancia,
     E ’l Saracin colla lancia s’abbassa;
     Ma ’l conte Orlando gli pose alla pancia,
     E ’l petto e ’l cuore e le reni gli passa:
     Due braccia o più riusciva la lancia,
     E parve allor rovinassi una massa:
     Perchè Corante abbandonava il freno,
     E dette un vecchio colpo in sul terreno.

55 Rinaldo al padiglione aveva detto,
     Quando Copardo prigion fu menato,
     Che andassi tra le squadre a suo diletto,
     Chè gl’increscea di tenerlo legato;
     E giurato gli avea per Macometto,
     Se dal gigante non è liberato,
     Rappresentarsi a ogni suo volere;
     E va pel campo veggendo le schiere.

56 In questo tempo la novella viene,
     Come Corante caduto era morto,
     E che passato è ’l ferro per le schiene:
     Ebbe di questo Rinaldo sconforto;
     E volle chi l’uccise intender bene,
     Giurando vendicar sì fatto torto:
     E minacciava, e facea gran tagliata,8
     Comunch’e’ fussi la triegua spirata.

57 Copardo già pel campo aveva inteso,
     Come quest’era d’Orlando cugino;
     Però veggendo Rinaldo sì acceso,
     Rispose: A me perdona, paladino,
     Per quel ch’i’ ho da tua gente compreso,
     La pace si farà con poco vino;9
     Io t’ho a dir cose che ti piaceranno,
     E sia silenzio posto a tanto affanno.

58 Sappi, che quel c’ha combattuto teco,
     È il conte Orlando, che preso dimora,
     E a tua posta il menerò qui meco,
     Per quello Dio che la mia gente adora.
     Rinaldo, il dì che combattè con seco,
     Di sua gran forza era ammirato ancora,
     E cominciossi tosto a ricordare,
     Ch’altri ch’Orlando nol poteva fare.