Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/318


canto decimoquarto. 299

88 Questo sempre terrò per lo tuo amore
     Questo terrò sopra ogni cosa degno,
     Questo terrò con singulare onore,
     Questo terrò di tue virtù per segno;
     Questo terrò ch’albergherà il mio core,
     Questo terrò, perchè del tuo sia il pegno;
     Questo terrò vivendo in sempiterno,
     Questo terrò poi in cielo o nello inferno.

89 Disse la dama: Ascolta quel ch’io dico;
     Io ti vorrei poter donare il sole,
     E non sare’ bastante a tanto amico;
     Il tuo cor generoso, come suole,
     Si mostra pur magnalmo21 al modo antico.
     Ma intender chi l’ha fatto, il ver si vuole:
     S’io dissi Luciana, io presi errore:
     Con le sue proprie man l’ha fatto Amore.

90 Or qual sare’ quel cor qui d’adamante,
     Di porfiro o diaspro o altra petra,
     Che non s’aprissi, e mutassi sembiante?
     E’ traboccò giù l’arco e la faretra,
     E le saette d’Amor tutte quante.
     Volea pur dir, ma la voce s’arretra,
     Rinaldo qualche cosa alla donzella,
     Ma non potè, chè manca la favella.

91 Ben s’accorse colei, che era pur saggia,
     Che per soperchio amor non rispondessi;
     E disse: Sare’ io tanto selvaggia,
     Ch’a così degno amante non piacessi,
     Purchè mai tempo e luogo e modo accaggia?
     E qual sare’ colei che nol facessi,
     Salvando sempre e l’onore e la fama?
     E ’ngrato è quel che non ama chi l’ama.

92 Rinaldo ringraziò pur finalmente
     Delle parole grate ch’avea dette
     Ultimamente la donna piacente,
     Bench’egli avessi al cor mille saette.
     Fu commendato da tutta la gente
     Il padiglione, e ’n camera si mette;
     E cominciossi a trattar molte cose
     Che fien nell’altro dir maravigliose.