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296 il morgante maggiore.

73 Il liofante parea molto grande,
     Calloso e nero e dinanzi d’un pezzo,
     E come quegli orecchi larghi spande,
     E stende il grifo lungo, ch’egli ha vezzo
     Pigliar con esso tutte le vivande.
     E nol potea toccar se non un ghezzo;18
     Fuor della bocca gli uscivan due zanne,
     Ch’eron d’avorio, e lunghe ben sei spanne.

74 Evvi il leone, e ’l dippo gli va drieto,
     Evvi il caval famoso sanza freno,
     E l’asinello e ’l bue sì mansueto,
     E ’l mul che tutto par di vizj pieno;
     Vedevasi il castor molto discreto,19
     Che de’ suoi danni eletto aveva il meno,
     E strappasi le membra genitale,
     Veggendo il cacciator, per manco male.

75 Il leopardo pareva sdegnato,
     Perchè e’ non prese in tre salti la preda;
     E ’l liocorno20 è in grembo addormentato
     D’una fanciulla, e par ch’egli conceda
     Esser da questa tocco e pettinato;
     Ma non si fidi all’acqua, e non gli creda
     Se non vi mette il corno prima drento,
     E se quel suda sta a vedere attento.

76 Tutto bizzarro e pien di furia l’orso;
     E ’l lupo fuor del bosco svergognato,
     Gridato dalla gente e da’ can morso;
     E ’l porco che nel fango è imbrodolato;
     Quivi era il cavriuol che molto ha corso,
     E poi s’è posto a ber tutto affannato;
     E ’l cervio, che ’l pastor che canta aspetta,
     Insin che l’altro intanto lo saetta.

77 E ’l bufol che ne va preso pel naso,
     E la capretta e l’umil pecorella,
     Ch’avea le poppe munte e ’l dosso raso;
     La lepre paurosa e meschinella
     Par che si fugga, temendo ogni caso;
     Quivi era il dromedario, e la cammella,
     Che con lo scrigno mansueta e doma
     Lasciava ginocchion porsi la soma.