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292 il morgante maggiore.

53 Il picchio v’era, e va volando a scosse,
     Che ’l comperò tre lire e poco un besso;11
     Perchè e’ pensò ch’un pappagallo fosse,
     Mandollo a Corsignan, poi non fu desso;
     Tanto che Siena ha ancor le gote rosse:
     Quivi è il rigogoletto, e ’l fico appresso;
     E ’l pappagallo, quel che è da dovero,
     E il verde, e ’l rosso, e ’l bigio, e ’l bianco e ’l nero.

54 Gli stornelletti in frotta se ne vanno,
     E tutti quanti in becco hanno l’uliva;
     Le mulacchie un tumulto in aria fanno:
     La passer v’è maliziosa e cattiva,
     E par sol si diletti di far danno;
     E ’l corbo come già dell’arca usciva;
     Evvi il fatappio, ed evvi la cornacchia,
     Che garre drieto agli altri uccelli e gracchia.

55 Quivi superbo si mostra il pagone,
     E grida come gli occhi in terra abbassa,
     Garzetto, e l’anitrella, e ’l grande ocione,
     Quivi la quaglia, che pareva lassa,
     Volando d’una in altra regione;
     Quivi è l’oca marina che ’l mar passa;
     L’anitra bianca, e ’l maragon calarsi,
     Parea che in giù volassin per tuffarsi.

56 L’acceggia, la cicogna, e ’l pagolino,
     La gallinella con variate piume,
     L’uccel santamaria v’era, e ’l piombino;
     E ’l bianco cigno, che dorme in sul fiume,
     Parea che fussi alla morte vicino,
     Però cantassi come è suo costume:
     Quivi col gozzo e col gran becco aguzzo
     Si vedea l’anitroccolo, e lo struzzo;

57 Barattole, germani, e farciglioni,
     Altri uccei d’acqua, non saprei dir tanti;
     Certi ugelletti che si dice alcioni,
     Che fanno al mar sentir lor nidi e canti;
     Altri uccellacci chiamati griccioni:
     Lungo sarebbe a contar tutti quanti,
     Che stan per fiumi, per paduli e laghi,
     Perchè de’ pesci e dell’acqua son vaghi.