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canto decimoquarto. 289

38 Diceva la fanciulla a Balugante:
     O Balugante, io vo’ che meco vegna
     Con questa gente ch’io meno in Levante,
     Acciò che sia quest’opera più degna.
     Egli rispose: Pel mio Trivigante
     Volentier ne verrò sotto tua insegna.
     Così furno ordinati prestamente
     Ventimila a caval di buona gente.

39 Così la dama da Marsilione
     Si dipartì co’ cavalieri armati;
     E per insegna nel suo gonfalone
     Eron due cuori insieme incatenati;
     E portò seco un ricco padiglione,
     Del qual saranno assai maravigliati,
     Chè non si vide mai simile a quello,
     Tanto era lavorato, ricco e bello.

40 E ’n pochi giorni volava la fama
     Al prenze, come vien la damigella;
     Subitamente molti baron chiama,
     E fece i principal montare in sella,
     E così incontro n’andarno alla dama:
     Rinaldo, come appariva la stella,
     Dicea: Rinato è Cristo veramente,
     Ch'apparita è la stella in Oriente.

41 Giunse la donna, e ’n terra è dismontata;
     Della qual cosa Rinaldo si duole,
     Chè la sua gentilezza è superata;
     Dismonta presto, e con destre parole
     Si scusa, e parte8 la fanciulla guata,
     Come sta fissa l’aquila nel sole;
     E dèi pensar che la dama il saluta,
     E ch’e’ rispose: Tu sia ben venuta.

42 Rimontati a caval, tutti n’andorno
     Nella città con festa e con onore;
     E poi ch’al gran palagio dismontorno,
     Disse la dama: O mio caro signore,
     Io t’ho arrecato un padiglione adorno,
     Il qual sempre terrai per lo mio amore:
     Con le sue mani l’ha fatto Luciana,
     Contesto d’oro e seta soriana.