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canto decimosecondo. 263

83 Quando il Soldano il negromante udio,
     Dolor sì grande non sentì giammai,
     E disse: O Macometto, o pazzo Dio,
     A tuo diletto consumato m’hai.
     E scrisse all’Amostante il caso rio,
     Dicendo: Re di Persia, tu non sai,
     Che quel c’ha morto il gigante pagano,
     È quel ch’è teco; e sappi ch’è Cristiano;

84 E qualche tradimento farti aspetta:
     Da ora innanzi, se questo ti piace,
     Io vo’ di Marcovaldo far vendetta,
     E far con teco a tuo modo la pace.
     La lettera suggella, e manda in fretta;
     All’Amostante il caso assai dispiace,
     Quando sentì come Cristiano è quello,
     Chiamandol traditor, ribaldo e fello.

85 E la risposta faceva al Soldano,
     Che vuol far pace e triegua a ogni modo,
     Pur che punito sia questo Cristiano.
     Così la pace si metteva in sodo.15
     Poi prese Orlando un giorno per la mano,
     E disse: Cavalier, sappi ch’io godo,
     Ch’i’ ho col gran Soldan la pace fatta,
     E partirassi questa gente matta.

86 Orlando non pensava tradimento:
     Disse che molto se ne rallegrava,
     E di tal pace troppo era contento,
     Dicendo: Del tuo caso mi pesava;
     Or tutto alleggerito il cor mi sento.
     Poi l’Amostante pel Soldan mandava;
     E lui vi venne, e montò presto in sella,
     Per vedere anco la fanciulla bella.

87 Segretamente il trattato ordinaro;
     Di pigliare il Cristian preson partito,
     Quando fia a letto, e non arà riparo;
     E così fu tra loro stabilito.
     Venne la notte, al letto se n’andaro;
     Orlando alla sua camera n’è gito,
     E disarmossi, e crede esser sicuro,
     Ma non sapeva del suo mal futuro.