124 Dond’io n’ho tutto questo giorno pianto,
Chè, come desto fu’, disparì via.
Ed io temendo mi levai; e ’ntanto
Feci priego alla Vergine Maria,
Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo,
Che ’nterperetar dovessi quel che sia:
E parmi aver nella mente compreso,
Che Carlo è morto, e Cristo abbiamo offeso.
125 Non si dovea però volerlo morto,
Però che pur tenuta ha la corona
Già tanto tempo, e pur si vede scorto
Quanto Dio amassi la sua stirpe buona,
Chè dal Ciel lo stendardo gli fu porto,
Che non fu dato al mondo mai a persona:
Temo ch’offeso non abbiam Gesue
Pe’ suoi gran merti e per le sue virtue.
126 E credo che sarebbe utile ancora,
Che si mettessi per Parigi un bando,
Che chi sapessi ove Carlo dimora
O vivo o morto, lo venga insegnando:
E come giusto imperador s’onora,
Che si venissi il sepolcro ordinando:
Però che il ciel, se ha conceputo sdegno
Della sua morte, mostrerà gran segno.
127 Quando Rinaldo le parole intende,
Subitamente nel volto cambiossi,
E di tal caso sè molto riprende,
Dicendo: Io non pensai che così fossi;
E nel suo cor tanta pietà s’accende,
Che gli occhi già son lacrimosi e rossi,
E disse: Orlando, quel che detto m’hai
Mi pesa troppo, e dolgomene assai.
128 Ma non pensai però, che tanto male
Di questo caso seguitar dovessi;
Ma dopo il fatto il penter poi non vale:
A me par verisimil s’uccidessi,
Perchè pur sendo di stirpe reale,
Arà voluto uccidersi lui stessi,
Piuttosto ch’altri vi ponessi mano,
Come di Annibal sai che letto abbiàno.