109 Carlo sentendo come il fatto era ito,
E che in Parigi era Rinaldo e ’l conte,
E come Astolfo è di sua man fuggito,
Con ambo man si percosse la fronte:
Esser gli parve a sì tristo partito,
Che si fuggì per non veder sue onte,
E la corona si trasse di testa,
E ’ndosso si stracciò la real vesta.
110 Era Rinaldo già in piazza venuto
Col conte Orlando, e sollevato tutto
Il popol, che d’Astolfo gli è incresciuto:
E disiava Carlo sia distrutto,
Da poi ch’a Gano avea sempre creduto,
E seguitato n’era amaro frutto.
Preso la piazza, al palagio corrieno,
Là dove Carlo Man pigliar credieno.
111 Dicea Rinaldo: Ignun non mi dia impaccio,
Io intendo a Carlo far quel ch’è dovere;
Come vedete ch’io le man gli caccio
Addosso, ognun da parte stia a vedere:
La prima cosa il vo’ pigliar pel braccio,
E levarlo di sedia da sedere,
Poi la corona di testa cavargli,
E tutto il capo e la barba pelargli.
112 E mettergli una mitera a bendoni,
E ’n sul carro d’Astolfo farlo andare
Per tutta la città come i ladroni;
E farlo tanto a Gano scorreggiare,
Che sia segnato dal capo a’ talloni,
E l’uno e l’altro poi farò squartare:
Ribaldo vecchio, rimbambito e pazzo!
Così con gran furor corse al palazzo.
113 Carlo la sala aveva sgomberata,
Perchè conosce Rinaldo assai bene;
Vide Rinaldo la sedia votata;
Subito fuor del palazzo ne viene;
E per Parigi fece la cercata,
E minacciava, che chi Carlo tiene
Nascoso, o sa dov’e’ si sia fuggito,
Gliel manifesti; se non, fia punito.