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240 il morgante maggiore.

109 Carlo sentendo come il fatto era ito,
     E che in Parigi era Rinaldo e ’l conte,
     E come Astolfo è di sua man fuggito,
     Con ambo man si percosse la fronte:
     Esser gli parve a sì tristo partito,
     Che si fuggì per non veder sue onte,
     E la corona si trasse di testa,
     E ’ndosso si stracciò la real vesta.

110 Era Rinaldo già in piazza venuto
     Col conte Orlando, e sollevato tutto
     Il popol, che d’Astolfo gli è incresciuto:
     E disiava Carlo sia distrutto,
     Da poi ch’a Gano avea sempre creduto,
     E seguitato n’era amaro frutto.
     Preso la piazza, al palagio corrieno,
     Là dove Carlo Man pigliar credieno.

111 Dicea Rinaldo: Ignun non mi dia impaccio,
     Io intendo a Carlo far quel ch’è dovere;
     Come vedete ch’io le man gli caccio
     Addosso, ognun da parte stia a vedere:
     La prima cosa il vo’ pigliar pel braccio,
     E levarlo di sedia da sedere,
     Poi la corona di testa cavargli,
     E tutto il capo e la barba pelargli.

112 E mettergli una mitera a bendoni,
     E ’n sul carro d’Astolfo farlo andare
     Per tutta la città come i ladroni;
     E farlo tanto a Gano scorreggiare,
     Che sia segnato dal capo a’ talloni,
     E l’uno e l’altro poi farò squartare:
     Ribaldo vecchio, rimbambito e pazzo!
     Così con gran furor corse al palazzo.

113 Carlo la sala aveva sgomberata,
     Perchè conosce Rinaldo assai bene;
     Vide Rinaldo la sedia votata;
     Subito fuor del palazzo ne viene;
     E per Parigi fece la cercata,
     E minacciava, che chi Carlo tiene
     Nascoso, o sa dov’e’ si sia fuggito,
     Gliel manifesti; se non, fia punito.