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canto decimoprimo. 233

74 O Carlo imperador, quanto se’ ingrato!
     Non sai tu quanto è in odio a Dio tal pecca?
     Non hai tu letto, che per tal peccato
     La fonte di pietà su in ciel si secca?
     E con superbia insieme mescolato,
     Caduto è d’Aquilon nella Giudecca15
     Con tutti i suoi seguaci già Lucifero;
     Tanto è questo peccato in sè pestifero.

75 Tu hai sentito pur che Scipione,16
     Sendo di senno vecchio e giovan d’anni,
     A Annibal tolse ogni reputazione,
     Di che tanto acquistata avea già a Canni:
     Furno i Romani ingrati alla ragione,
     Onde seguiron poi sì lunghi affanni:
     Questo peccato par che ’l mondo adugge,
     E finalmente ogni regno distrugge.

76 Questo peccato scaccia la giustizia,
     Sanza la qual non può durare il mondo;
     Questo peccato è pien d’ogni malizia,
     Questo peccato a gnun non è secondo;
     Gerusalem17 per questo precipizia,
     Questo peccato ha messo Giuda al fondo;
     Questo peccato tanto grida in cielo,
     Che ci perturba ogni sua grazia e zelo.

77 Quel c’ha fatto per te già il paladino,
     Credo tu ’l sappi, ma saper nol vuoi,
     Mentre che fu tra ’l popol saracino;
     So che tra gli altri assai lodar quel suoi.18
     Non ti ricordi, figliuol di Pipino,
     De’ beneficj, e penter non val poi:
     E pur se fatta ha cosa che sia atroce,
     Del tuo Gesù ricordati già in croce;

78 Che perdonava al popol che l’offende,
     Raccomandalo al padre umilemente:
     Astolfo in colpa ginocchion si rende,
     E chiede a te perdon pietosamente:
     E pur se ’l giusto priego non t’accende,
     Di grazia ti domanda finalmente,
     Che per le man di Gan non vuol morire,
     E tu nol vuoi di questo anco esaudire.


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