64 Pel tuo caro nipote e degno conte,
Per quel ch’io feci già teco in Ispagna,
S’io meritai mai nulla in Aspramonte,
Per la corona tua famosa e magna:
E pur se morir debbo con tant’onte,
Quel traditor ch’è pien d’ogni magagna,
Più ch’altro Giuda, o che Sinon di Troia,11
Per le sue man non consentir ch’io muoia.
65 Carlo diceva: Questo a che t’importa?
Gan da Pontier gli volse dar col guanto;
Me ’l duca Namo di ciò lo sconforta.
Astolfo fu da’ Maganzesi intanto
Preso, e menato inverso della porta,
E tutto il popol ne facea gran pianto:
Uggier più volte fu tentato sciorre
Astolfo, e a Ganellon la vita torre.
66 Ma poi di contrapporsi a Carlo teme,
E non pensò che riuscissi netto:
I Maganzesi son ristretti insieme,
Perchè de’ paladini avean sospetto;
E d’ogni parte molta gente preme:
Quel traditor di Gan per più dispetto
Come un ladrone Astolfo svergognava,
E ’l manigoldo pur sollecitava.
67 Avea pregato Namo e Salamone
Lo ’mperador, che dovessi lasciarlo;
Avolio, Avino, Gualtier da Mulione,
E Berlinghier si sforza di camparlo,
Dicendo: Abbi pietà del vecchio Ottone,
Che tanto tempo t’ha servito, Carlo.
Tutta la corte per Astolfo priega,
Ma Carlo a tutti questa grazia niega.
68 E finalmente a Gan fu consegnato,
Che facci che far dee di sua persona.
Gan sopra un carro l’aveva legato,
E ’n testa gli avea messa una corona
Per traditore, e il giubbon di broccato,
E gran romor per Parigi risuona;
Ed un capresto d’oro gli avvolgea:
Or questo è quel ch’a Astolfo assai dolea.