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canto decimoprimo. 221

14 Carlo si dolse con Orlando molto:
     Perchè l’avea così fatto fuggire,
     Dicendo: Il traditor dove m’ha colto!
     Che per la gola ognidì m’ha a smentire:
     I’ l’ho a trattare un giorno come stolto.
     Subito fece il consiglio venire,
     E disse in brieve e soluta orazione
     Quel che far debba del figliuol d’Amone.

15 Diceva Orlando: A mio modo farai;
     Lasciagli un poco uscir quest’arroganza,
     Ed altra volta ginocchion l’arai,
     E farem che ti chiegga perdonanza.
     Carlo rispose: Ciò non farò mai,
     Che di smentirmi più pigli baldanza;
     Io vo’ perseguitarlo insino a morte,
     Nè mai più intendo tenerlo in mia corte.

16 Namo alla fine dette il suo consiglio,
     Che si dovessi di corte sbandire,
     Acciò che non seguisse altro periglio,
     Chè qualche mal ne potrebbe seguire;
     E dicea: Tutto il popolo è in bisbiglio,
     Ch’altra gente pagana dee venire,
     E forse potre’ farne novitade,
     Chè molto amato è pur nella cittade.

17 Astolfo non volea che si sbandisse,
     Ma che gli fussi in tutto perdonato;
     Ma Ulivieri incontro Astolfo disse,
     Tanto che molto di ciò fu sdegnato;
     E Carlo comandò che si seguisse
     Il bando, come Namo ha consigliato.
     Gano avea detto solo una parola:
     Se t’ha smentito, impiccal per la gola.

18 Poi che più Astolfo non vide rimedio,
     E che Rinaldo è sbandito da Carlo,
     Si dipartì sanza stare più a tedio;
     A Montalban se n’andava avvisarlo,
     Che consigliato s’era porgli assedio,
     Ed accordati poi di sbandeggiarlo;
     E ciò ch’aveva detto a Carlo Mano,
     Per suo consiglio, il traditor di Gano.


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