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214 il morgante maggiore.

Dopo che Costantino ebbe tolto il costumo di marcare in fronte i colpevoli, furon posti in maggior uso questi collari. La pena della gogna consisteva anticamente in Firenze nel legare il malfattore colle mani di dietro, e talvolta col corpo del delitto attaccato al collo, ad una colonna posta nel Mercato Vecchio, che è il luogo più frequentato della città. Quivi stando sul muricciolo che serve di base a detta colonna, e però alquanto elevato, era da tutti comodamente veduto, e insieme, da chiunque voleva, insultato. In appresso non si dette cotal pena che a quei condannati alla galera, i quali venivan posti, con sul petto una scritta indicante il delitto commesso, sulla porta del Palazzo del Bargello, e per tutto quel tempo che quivi stavano, si suonava la campana della torre di esso Palazzo. Attualmente questo castigo è stato affatto abolito. Quanto poi alla origine della voce gogna, tengo per più probabile che essa possa venire da ἀγωνία, affanno, travaglio, che i Greci moderni pronunziano agogna, e così ne parve anche al Salvini e al Menagio. È da osservare però che altri l’han fatta derivare da ignominia, per metalesi e sincope, come accenna il Biscioni nelle note al Malmantile, Canto III, St. 62; ed altri da vergogna, pure per sincope; per la qual cosa, stare o mettere in gogna, varrebbe quanto stare o mettere in ignominia, in vergogna.

27. busoni. Busone, busino, busna; strumento antico da fiato, che forse viene dal latino buccina. — E far pel campo variati strumenti. Il Vocabolario non nota questo modo, che sembra significare far risuonare varii strumenti. Fare strumento vale celebrare scritture in forma pubblica e provante, il che anche i Latini dicevano instrumentum conficere. — gatti. Macchina da guerra fatta d’un solo tetto o tavolato intessuto di vinchi e coperto di cuoio, dal quale pendeva una gran trave ferrata, con che si battevano le mura nemiche, ed un forte rampicone di ferro chiamato falce, con che si aggrappavano e traevano al basso i merli e le pietre già smosse dall’urto del montone. Vedi più distesamente Vegezio. I Latini chiamavano una simile macchina testudo; e gli Italiani la chiamaron gatto forse per una certa analogia che poteva avere con tale animale questa macchina così coperta di cuoio e di pelle. È curiosa la origine che il Tassoni nei suoi Diversi pensieri, nel Libro V, Cap. XXXV, dà del nome gatto. Racconta egli, cavandolo da Ateneo, come fu già in Soria una reina chiamata Gattide, oltremodo ghiotta del pesce. Il perchè essendo il gatto, sopra ogni altro animale, avido di siffatto cibo, venne così appellato dal nome di quella reina. Egli è tuttavolta più verisimile che questa voce venir possa da catus, accorto, sagace; e l’accenna lo stesso Tassoni, appoggiato in ciò da parecchi antichi scrittori, dai quali si rileva che anche i Latini adopravono la voce Catus e Cattus in significazione di Gatto. Trovasi infatti nelle Glosse antiche: Catus, γαλῆ; in quelle d’Isidoro: murilegus, catus; e nel Lessico di Cirillo, αἴλουρος, felax, hæc catta. Lo Scoliaste poi di Callimaco sopra l’Inno di Cerere, dice espressamente: αἴλουρον, ἰδιωτικῶς κάττον; e Evagrio al Libro VI, cap. XXIV: ἐπυνθάνετο τί ἂν εἴη τοῦτο; ὁ δὲ ἔφηαἴλουρον εἶναι, ἣν κάττον ἡ συνήθεια λέγει. Alcuni, secondo il Menagio, deducono la voce latina cattus da ἰκτίς, ὀκτίς; che significa viverra, specie di donnola selvatica, della quale parla Plinio, Libro VIII, Cap. LV, De cuniculis; ma più verisimilmente viene essa dal verbo, pur latino, caveo. È da notare che per una particolar somiglianza di vocaboli, gli Arabi chiamano il gatto cotton ; e i Sirii catto o catolo. — grilli e falconi. Il grillo era una macchina di legname, colla quale gli assedianti s’accostavano al coperto alle mura della città assediata, per discacciarne i difensori ed abbatterli. È preso il nome da quel piccolo animaletto che anche i Latini chiamaron grylus, o i Greci γρύλλος, con voce imitativa il suo canto stridulo