48 Così fu fatto, e missesi in cammino;
E tanto va questo baron gagliardo,
Che a Carador famoso saracino,
Giunse un dì in su la piazza con Baiardo.
Riconosciuto è presto il paladino;
Diceva Carador: Se ben riguardo,
Quest’è Dodon, che ci torna a vedere;
E quel par di Rinaldo il buon destriere.
49 Meridiana, che ’l conobbe presto,
Giù per la scala correva abbracciallo,
Dicendo: Dodon mio, che gaudio è questo!
Io ti conobbi subito al cavallo:
Ch’è d’Ulivier? deh fammel manifesto,
Chè di saperlo ho voglia sanza fallo.
Disse Dodone: Ulivier tuo ti manda
Mille salute22, e ti si raccomanda.
50 Or chi vedessi la dama amorosa,
Subito come di Dodon s’accorse,
Farsi nel volto come fresca rosa,
E come presto abbracciarlo poi corse,
E domandò dove Ulivier si posa;
Non istarebbe del suo core in forse:
Ch’è di Rinaldo, dicea, baron franco?
Tu debbi, Dodon nostro, essere stanco.
51 Ch’è di quel paladin, ch’ogni altro avanza,
Orlando nostro famoso e possente?
Chè di saper di tutti ho disianza.
Intanto Caradoro era presente,
E salutò Dodone, com’è usanza;
Poi domandava di tutta la gente.
Dodon rispose: In paesi lontani
Gli lasciai in Danismarche salvi e sani.
52 E la cagion che a te son qui venuto,
È che mi manda Rinaldo d’Amone,
E ’l conte Orlando, e che bisogna aiuto
Al nostro Carlo Man, ch’Erminione
A Montalban più giorni ha combattuto,
Ed assediato col suo gonfalone:
Convien ch’i’ meni tue genti e Morgante.
In questo tempo comparì il gigante.