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156 il morgante maggiore.

88 Renditi tu prigion, diceva allora
     Il Saracino: Ohi, tosto rispose
     Il paladin; sanza far più dimora,
     Il brando per la punta in man gli pose.
     Ed ecci un autor che dice ancora,
     E così trovo nell’antiche chiose,
     Che ginocchion lo fe star quel che volle
     Colle ginocchia ignude Mattafolle.

89 E disse: Questo sia pel tuo peccato,
     Che tu volevi far le fusa torte:38
     E poi ch’egli ebbe il suo brando pigliato,
     Non per la punta, chè v’era la morte,
     Anzi dal pome, com’e’ gli fu dato,
     Lo mise drento a quelle sante porte
     Di San Dionigi: e Namo, che vedea
     Il suo figliuol prigion, seco piangea.

90 Era d’ogni eccellenzia e di costume
     Berlinghier sopra tutti un uom dabbene,
     Di gentilezza una fonte, anzi un fiume,
     A luogo e tempo, come si conviene,
     Tanto che scritto n’è in più d’un volume:
     Or se lo stil della ragion non tiene,
     È che conobbe ch’ogni gentilezza
     Perduta è sempre a chi quella non prezza.

91 E reputava Mattafolle un matto,
     Come il nome sonava veramente,
     Da non servargli nè ragion nè patto;
     Così lo scusa ognun ch’è sapiente.
     Poi, se gli fussi riuscito il tratto,
     Era salvato Carlo e la sua gente;
     E lecito ogni cosa è per la fede:
     Adunque chi lo ’ncolpa, il ver non vede.

92 Carlo sentì ritoccare il cornetto,
     E disse: Questo mi par tristo segno;
     Caduto è Berlinghier tanto perfetto,
     Non so chi abbi a’ suoi colpi ritegno:
     Venuto è questo Pagan maladetto,
     Per distrugger mia gente e tutto il regno.
     Avin s’armò, sentendo che ’l fratello
     Era abbattuto, per vendicar quello.