48 Io conobbi Rinaldo già in Ispagna,
E per mia fe’ mi parve un uom gentile,
Da non dovere aver questa magagna,17
Di far con tradimento opera vile;
Anzi pareva una persona magna,
E franco, e forte, e giusto, e signorile,
E ’ncrescemi di lui che non ci sia,
Ma per me tanto oltraggiato non fia.
49 E s’io potessi Montalban pigliarlo,
Io nol farò pel giusto Iddio Apollino;
E in qualche modo si vorria avvisarlo,
Che ritornassi in qua col suo cugino:
Ma dimmi, prigionier col qual io parlo,
Se tu se’ cavaliere o paladino.
Astolfo il nome suo gli disse allora,
Il perchè Lionfante assai l’onora;
50 E fece accompagnarlo alla cittade:
Era quel Lionfante un uom discreto;
Mandò con lui molte sue gente armate
Fino alle mura, e poi tornano in drieto.
Astolfo truova le porte serrate,
Furono aperte, e molto ognun fu lieto;
E Ricciardetto, quando ha questo inteso,
Parve dal cor gli levasse ogni peso.
51 E domandò se sapeva niente
Del suo fratello, e disse come Gano
Gli aveva scritto molto chiaramente,
Rinaldo saria tosto a Montalbano.
Astolfo indovinoe subitamente
La sua malizia, e scrisse a Carlo Mano,
Che certo il traditor di Gano è quello
Ch’avea condotto là quel popol fello.
52 Gano in quel dì parea maninconoso
Più ch’alcun altro di sì fatto assedio,
E spesso il viso facea lacrimoso,
Dicendo: Carlo, io non veggo rimedio
A Montalbano, ond’io ne sto doglioso;
Credo che poco vi staranno a tedio:
E poi la notte nel campo avvisava
Erminion ciò che Carlo ordinava.