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146 il morgante maggiore.

38 E lui si stette con sue gente al piano
     Appresso a poche leghe di Parigi,
     E manda imbasciadore16 a Carlo Mano,
     A dir che gli movea questi litigi,
     Per vendicar Mambrin degno pagano,
     E Montalban disfare e San Dionigi;
     E Mattafolle fu suo imbasciadore,
     Un re pagan che non gli triema il core.

39 Giugnendo a Carlo Man quel Mattafolle,
     Fe come matto e folle veramente,
     Chè quando e’ gli ebbe detto quel che volle,
     A minacciar cominciollo aspramente.
     Carlo pur rispondea timido e molle:
     Astolfo a questo non fu paziente;
     Trasse la spada fuor con gran tempesta,
     Per dare a Mattafolle in su la testa.

40 Ma non potè, perchè lo prese Namo,
     E disse: L’onestà questo non vuole,
     Ch’ a ’mbasciador oltraggio noi facciamo.
     Lascialo far, chè fa come far suole,
     Si che al suo re non ne faccia richiamo.
     Mattafolle tagliava le parole,
     E disse: Astolfo, in sul campo ti voglio,
     E forse abbasserò questo tuo orgoglio.

41 E dipartissi da Carlo adirato,
     Benchè il Dusnamo si scusassi assai;
     Al grande Erminion si fu tornato,
     E disse: La ’mbasciata tua contai,
     E molto fui da Astolfo ingiuriato;
     Ond’io ti priego, s’a te piacqui mai,
     Che domattina sia contento io m’armi,
     E vo’ con tutti i paladin provarmi.

42 Rispose Erminion: Tu non sai bene
     Ancor chi sieno i paladin di Francia,
     E per questa cagion sì spesso avviene,
     Che molti n’hanno forata la pancia;
     Sappi che Carlo Man questi non tiene,
     Se non fussin ognun provata lancia:
     Tu ti potrai provar, se n’hai pur voglia,
     Ma guarda ben che mal non te n’incoglia.