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canto settimo. 131

64 Trovò Dodone in luogo molto stretto,
     Ch’era venuto tra cattive mane;
     Pur s’aiutava questo giovinetto,
     E cominciava a dar mazzate strane,
     A questo e quello spezzando l’elmetto,
     Tanto che gli elmi faceva campane,
     Quando egli assaggian di quel suo picciuolo;30
     Ma dà di sopra come all’oriuolo.

65 E rimaneva il segno ov’e’ percuote;
     Quanti ne tocca il battaglio feroce,
     Non si ponea più le mani alle gote,
     Chè ne facea com’e’ fussi una noce;
     Alcuna volta facea certe ruote,
     Ch’a più di sette domava la voce;
     Com’un nocciol di pesca ogn’elmo stiaccia,
     E fa balzar giù capi e spalle e braccia.

66 E rimisse Dodon sopra il destrieri;
     Dodon gridava al popol soriano:
     Io ne farò vendetta, e d’oggi e d’ieri,
     Quando impiccar mi volea quel villano.
     In questo tempo il famoso Ulivieri
     Era pel campo colla spada in mano,
     E dove Manfredon combatte, arriva,
     Colla donzella florida e giuliva.

67 Un' ora o più combattuto questi hanno,
     E non si vede de’ colpi vantaggio:
     Ulivier tutto arrossì, come fanno
     Gli amanti presso alla dama, il visaggio:
     E disse: Dama, non ti dar più affanno,
     Lascia pur me vendicare il mio oltraggio:
     Io vorrei esser morto veramente,
     Quand’io cascai, che tu v’eri presente.

68 Alla mia vita non caddi ancor mai,
     Ma ogni cosa vuol cominciamento.
     Disse la dama: Tu ricascherai,
     Se tu combatti, cento volte e cento,
     E sempre avvenir questo troverai
     A cavalier che sia di valimento:
     Usanza è in guerra cascar del destriere,
     Ma chi si fugge non suol mai cadere.