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canto settimo. 119

4 Orlando, quando udì queste parole,
     Rispose presto: Bene avete fatto;
     Tutti son rubator, non me ne duole;
     Io n’ho già gastigati più d’un tratto:
     Così sempre a’ nimici far si vuole:
     Ma dimmi, cavaliere, ad ogni patto
     I nomi lor, per veder s’io cognosco
     Di questi alcun ch’uccidesti in quel bosco.

5 Disse Rinaldo: Egli ha nome Ulivieri
     L’un di costor, che dice era marchese;
     L’altro da Montalban quel buon guerrieri.
     Ch’aveva fama per ogni paese:
     Credo che ’l terzo anco era cavalieri,
     Dodon chiamato figliuol del Danese.
     Orlando udendol si maravigliava,
     Ma del lion con seco dubitava.

6 Seguì più oltre il suo ragionamento
     Rinaldo: Io intendo mostrarvi i cavagli.
     Orlando disse: Ne son ben contento,
     Ch’e’ nomi lor non posso ritrovagli.
     Vanno a veder: Orlando ebbe spavento,
     Subito come comincia a guardagli,
     Perchè conobbe presto Vegliantino,
     E disse: Il ver pur dice il Saracino.

7 Alla sua vita mai fu più doglioso,
     E poco men che in terra non cadea:
     Ulivier, che il vedea sì doloroso,
     Drento all’elmetto con seco ridea:
     Tornano in sala, e ’l paladin famoso
     Vendetta farne fra sè disponea,
     E disse: S’altro tu non vuoi parlarmi,
     A Manfredonio al campo vo’ tornarmi.

8 Disse Rinaldo: Alquanto v’aspettate.
     E menò in una camera il barone;
     E poi che l’arme sue s’ebbe cavate,
     La sopravvesta e l’altre guernigione,
     Mostrava le divise sue sbarrate;2
     Trassesi l’elmo, e così il Borgognone:
     Orlando, quando Rinaldo suo vede,
     Per gran letizia tramortir si crede.