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canto sesto. 113

59 E poi mandò nel campo un messaggiere
     Al conte Orlando, e ’n questo modo scrisse:
     Poi ch’abbiam fatto triegua, cavaliere,
     Acciò che grand’inganno non seguisse,
     Contento sia di venirmi a vedere
     Alla città sicuramente, disse;
     Cosa udirai, che ne sarai poi lieto;
     Ma sopra tutto sia presto e segreto.

60 Il messaggiero Orlando ritrovava,
     Che si chiamava nel campo Brunoro;
     Segretamente la lettera dava:
     Orlando lesse, e sanza alcun dimoro
     A Manfredon la lettera mostrava.
     Manfredon disse: Forse Caradoro
     Potrebbe qualche inganno fabbricare,
     E quel baron tel vorrà rivelare.

61 Mentre che è triegua, va sicuramente;
     Chi sa chi sia quel guerrier del lione?
     Pel mondo attorno va di strana gente;
     Io ti conforto d’andarvi, barone.
     Morgante a ogni cosa era presente,
     E disse: Forse ch’egli ha del fellone;
     Egli ebbe voglia infin oggi di dirti
     Qualche trattato, e ’l suo segreto aprirti.

62 Io vo’ con teco alla terra venire,
     Che non ci fussi qualche inganno doppio,
     E in ogni modo con teco morire;
     E ’nfin del campo udirete lo scoppio,
     Se col battaglio s’avessi a colpire:
     Perchè, se bene ogni cosa raccoppio,31
     Di chieder triegua, e tornarsi oggi drento,
     Segno mi par di qualche tradimento.

63 Alla città n’andorno finalmente.
     Rinaldo immaginò la lor venuta:
     Fecesi incontro al suo cugin possente,
     E giunto appresso, in francioso il saluta.
     Orlando rispondea cortesemente
     Quel che gli parve risposta dovuta;
     E pur parlava come Saracino,
     Chè non conosce il suo caro cugino.