59 Poi che tu m’hai saettato, ribaldo,
E randellato, che mai più non fue
Gittato in terra in tal modo Rinaldo,
Io ti gastigherò pel mio Gesue26:
E così tutto di tempesta caldo,
Con ambo man Frusberta alzava sue;
Rizzossi in sulle staffe, e ’l brando striscia,
Che lo facea fischiar come una biscia,
60 Tanto che l’aria e la terra rimbomba,
E si sentiva un suon fioco e ’nterrotto,
Come quando esce il sasso della fromba:
Are’ quel colpo ogni adamante rotto:
Giunse in sul masso sopra della tomba,
E fessel tutto come un cacio cotto:
Partì il cervello e ’l capo e ’nsino al piede
Al crudel mostro, e sciocco è chi nol crede.
61 Le schegge di quel sasso a mille a mille
Balzorno in qua ed in là, come è usanza,
E tutta l’aria s’empiè di faville.
Disse Dodone: O Dio, tanta possanza
Non ebbe Ettorre, o quel famoso Achille,
Quanto ha costui, ch’ogni lor forza avanza.
La spada un braccio sotterra ficcossi,
E Baiardo pel colpo inginocchiossi.
62 A gran fatica potè poi ritrarre
Rinaldo, tanto fitta era, la spada,
E disse: Tu credevi che le sbarre
Non ti tenessin27, mascalzon di strada28:
Chi si diletta di truffe e di giarre29,
Così convien che finalmente vada;
De’ tuo’ peccati penitenzia hai fatta,
Così fo sempre a ogni bestia matta.
63 Dodon guardava nella buca e vede
Tutto fesso per lato quel ghiottone
Dal capo insin giù per le gambe al piede,
E stupì tutto per ammirazione;
Dicendo: Iddio, de’ tuoi servi hai mercede,
Questo stato non è sanza cagione:
A qualche fine tal segno hai dimostro,
Acciò ch’a molti esempio sia quel mostro.