Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/116


canto quinto. 97

59 Poi che tu m’hai saettato, ribaldo,
     E randellato, che mai più non fue
     Gittato in terra in tal modo Rinaldo,
     Io ti gastigherò pel mio Gesue26:
     E così tutto di tempesta caldo,
     Con ambo man Frusberta alzava sue;
     Rizzossi in sulle staffe, e ’l brando striscia,
     Che lo facea fischiar come una biscia,

60 Tanto che l’aria e la terra rimbomba,
     E si sentiva un suon fioco e ’nterrotto,
     Come quando esce il sasso della fromba:
     Are’ quel colpo ogni adamante rotto:
     Giunse in sul masso sopra della tomba,
     E fessel tutto come un cacio cotto:
     Partì il cervello e ’l capo e ’nsino al piede
     Al crudel mostro, e sciocco è chi nol crede.

61 Le schegge di quel sasso a mille a mille
     Balzorno in qua ed in là, come è usanza,
     E tutta l’aria s’empiè di faville.
     Disse Dodone: O Dio, tanta possanza
     Non ebbe Ettorre, o quel famoso Achille,
     Quanto ha costui, ch’ogni lor forza avanza.
     La spada un braccio sotterra ficcossi,
     E Baiardo pel colpo inginocchiossi.

62 A gran fatica potè poi ritrarre
     Rinaldo, tanto fitta era, la spada,
     E disse: Tu credevi che le sbarre
     Non ti tenessin27, mascalzon di strada28:
     Chi si diletta di truffe e di giarre29,
     Così convien che finalmente vada;
     De’ tuo’ peccati penitenzia hai fatta,
     Così fo sempre a ogni bestia matta.

63 Dodon guardava nella buca e vede
     Tutto fesso per lato quel ghiottone
     Dal capo insin giù per le gambe al piede,
     E stupì tutto per ammirazione;
     Dicendo: Iddio, de’ tuoi servi hai mercede,
     Questo stato non è sanza cagione:
     A qualche fine tal segno hai dimostro,
     Acciò ch’a molti esempio sia quel mostro.

I. 9