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94 il morgante maggiore.

44 Disse Rinaldo: Non temer, Dodone,
     Se fussi ben la Morte o il Trentamila15;
     Lascial venire a me questo ghiottone,
     Ch’a maggior tela ho stracciate le fila16.
     Intanto quella bestia alza il bastone,
     E inverso di Rinaldo si difila:
     Rinaldo punse Baiardo in su’ fianchi,
     Acciò che ’l suo disegno a colui manchi.

45 Dallato si scagliò come un cervietto,
     Giunse la mazza, e dette il colpo in fallo;
     Rinaldo intanto si messe in assetto,
     Corsegli addosso presto col cavallo:
     Dettegli un urto, e colselo nel petto,
     Per modo che sozzopra fe cascallo;
     E nel cader quest’animale strano
     Forte abbaiava com’un cane alano.

46 Dodon, che vide quel diavol cadere,
     Diceva a Ulivier: Corriangli addosso,
     Acciò che non si levi da giacere.
     Disse Rinaldo: Ignun non si sia mosso17;
     Tirati a drieto, e statevi a vedere,
     Ch’io non sono uso mai d’esser riscosso.
     In questo l’uom salvatico si rizza
     Col sorbo, pien di furore e di stizza.

47 E scaricava un colpo in sulla testa,
     Per modo tal che, se giugnea Rinaldo,
     E’ gli bastava solamente questa,
     E non sentia mai più freddo nè caldo.
     Rinaldo non aspetta la richiesta,
     Chè com’argento vivo18 stava saldo;
     Or qua or là facea saltar Baiardo,
     Avendo sempre al protino riguardo.

48 Pareva un lioncin, quand’egli scherza,
     Che salta in qua e in là destro e leggieri;
     Alcuna volta menava la sferza,
     Poi risaltava che pare un levrieri.
     Era già l’ora passata di terza,
     E pur Dodon dicea con Ulivieri:
     Io temo sol Rinaldo non si stracchi,
     Tanto ch’un tratto quel baston l’ammacchi.