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viii prefazione dell'annotatore.

lo ingegno loro di comunicare alla materia interesse e sublimità.

Questa semplice spiegazione dell’indole poetica del Morgante fu spesso tema dei critici: e però disputarono con calore ne’ due ultimi secoli se fosse scritto in burlesco o da senno, e se il Pulci non fosse un incredulo che avesse poetato all’intento di farsi beffe di ogni credenza. Il sig. Merivale inclina, nel suo Orlando in Roncisvalle, a credere col Ginguené che il Morgante debba essere riguardato fuor d’ogni dubbio come un poema burlesco, e come una satira della religione cristiana. Nondimeno il sig. Merivale stesso vi riconosce per entro un effetto tragico, ed anzi un sentimento religioso che lo riveste d’una tal qual dignità, ond’egli è sforzato di abbandonare la questione tra gli altri fenomeni non ancora spiegati, e inesplicabili forse, dell’umano intelletto. E poichè una simile disputa non è stata ancora risoluta quanto all’Ariosto ed a Shakspeare, sarà argomento di questione perpetuo, se il primo abbia inteso di indurci a ridere degli stessi suoi cavalieri, e di scriver tragedie il secondo. Ed è vera fortuna che, quanto a questi due grandi poeti, la guerra sia stata finita dall’intervento ben arrivato del corpo generale dei leggitori che in tale materia giudica con erudizione minore, e insieme anche con minore pregiudizio, dei critici. Ma il Pulci vien letto poco, e poco è noto il suo secolo. Il sig. Merivale asserisce che punti di astrusa teologia si discutono nel Morgante con tale una scettica libertà che noi possiamo ben credere aliena dal secolo decimoquinto. Così egli segue le orme del Ginguené, che dal suo canto segue le orme del filosofo di Ferney; il quale suonava per tutti i quartieri a raccolta contra la fede cristiana, e a questo fine adunò tutti i luoghi scritturali del Pulci facendovi sopra comenti in suo stile. Ma è solo dal Concilio di Trento, scendendo a noi, che ove un qualche dubbio si levi in materia di religione, l’au