Pagina:Pulci - Morgante maggiore I.pdf/100


canto quarto. 81

NOTE.

2. Era nel tempo ch’ognun s’innamora. In primavera, stagione che alletta ad amare, e nella quale, come disse il Petrarca,

Ogni animal d’amar si riconsiglia.

7. un gran lione. Dall’aver salvato questo lione assalito dal feroce drago, che gli fu poi guida e compagno, prese Rinaldo il nome di Cavalier del Lione. Questo episodio è tolto da un romanzo di Chrestien de Troyes, poeta francese del XII secolo. In questo romanzo, intitolato il Cavalier del Lione, Iveno trova un lione alle prese con un drago; egli uccide il drago, e il lione se gli fa compagno, e più non l’abbandona. Il Poeta francese descrive minutamente i segni di riconoscenza dati dal lione al suo liberatore in una strofa che piacemi riportare, come quella la quale, pei tempi in che fu scritta, non manca d’una certa grazia:

Si qu’il li comança a faire
Sembiant que a lui se rendoit;
Et ses piés joins li estendoit,
Envers terre encline sa chiere,
S’estut sor les deux piés derriere
Et puis si se rajenoilloit
Et tote sa face moilloit
De larmes ec.

8. fiamme per bocca ta’ dotte. Son di parere che qui l’Autore abbia adoperato a modo d’ aggettivo il sostantivo dôtta, che vale timore, paura, dal verbo dottare, temere; onde verrebbe a dire che quel drago gettava dalla bocca fiamme paurose, che facevan paura. Circa l’origine di questa voce il Bembo la vuol provenzale, sebbene il Menagio la faccia derivare dal lat. dubito, che talvolta significo anche temere.

10. e rimaneva al verde. Cioè agli estremi, al fine. Dicesi anche essere, o esser condotto al verde, tolta la metafora da quella candela che si tiene accesa quando si vende al pubblico incanto, e nel tempo che essa brucia ognuno può offerire sull’oggetto che si subasta, ma quando essa è consumata, nessuno può più offerire; la qual candela usavasi in antico di tingere all’estremo di verde; onde di una cosa che sia in sul finire dicesi: la candela è al verde.

19. maninconoso. Triste, afflitto; da malinconia, voce che viene dalle due greche μελαινή (nera) e χολή (bile), quasi nera bile; chè atrabile chiamarono gli antichi medici una certa qualità di umori che supponevano produrre la malinconia.

23. ci hanno grattata la rogna. Cioè ci han condotti in luogo dove gli sterpi ci hanno lacerata la pelle, talchè ci avrebbero grattato la rogna, se noi ne fossimo stati malati. Rogna viene, secondo il Menagio, da rubigo, fatto poi robiginis, robigine, rogine, rogina, e finalmente rogna, perchè tal malattia che viene alla pelle è quasi la ruggine dell’uomo.

27. caviglia. Lo stesso che cavicchia, ed è un piccolo legno fitto nel muro a guisa di chiodo, e viene dal lat. clavus, o clavellus, piccolo chiodo. Il Sansovino, sopra il Decamerone, fa derivare la voce cavigliuolo, diminutivo di caviglia, da capo, e piuolo.

29. ghiotton da forche. Qui ghiottone, come ghiotto in altri luoghi del Poema, valgono, uomo di malaffare, scelestus. La voce italiana ghiotto deriva dalla latina glutto, usata fra gli altri da Persio: Nec glutto, sorbere salivam Mercurialem; Sat. 5. — Io ti meriterò di tal derrate. Ti ricompenserò in modo eguale a ciò che hai fatto a me. Dicesi anche: render pan per focaccia, o frasche per foglie. I greci dicevano ἴσον ἴσῳ φέρειν. Derrata è tutto quello che si contratta in vendita, denariis venalis; dal latino barbaro, denariata, d’onde anche il francese denrée.

30. col guanto. Il guanto ero quella parte delle antiche armature che cuopriva la mano; onde dare il guanto vale sfidare, invitare a battaglia, dal-