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in qualche loro ridicola fabbrichetta per pompa di povertà, ho trovate io ancora presso altri scrittori, in altri libri; ma raro o mai quell’unione di solido e ricco edifizio. Nella massima parte delle poesie ho sempre scorte particolari vedute a cui sono assoggettati i generali principii del vero e del bello, secondo l’antica favola di Procuste; moine, adulazioni, artifizii meschini di scuola, ed attenuato il vigore del sentimento per far luogo ad una frase, per tirar il verso a misura; e, per una cotal convenienza di condotta, tradita la verità storica e la morale, e spesso spesso la stessa intenzione dell’autore, costretto a dire tutt’altro da ciò ch’e’ pensava. Quelle regole io stimo vere che nascono ad una colle opere. I principii dell’arte non si veggono nè si adempiono con più esattezza e perfezione d’allora che l’animo è più altamente inspirato, ed entrano nella mente insieme coll’applicazione. L’ispirazione ci dà le regole dell’opera, e l’opera di già fatta; percepisce le norme generali del bello e le relazioni ai casi particolari. Quando l’ora dell’ispirazione è passata, le regole, siano pur vere, vengono languide, estenuate alla mente, e indarno si cerca nel ragionamento il come e il perchè d’ogni bello, perchè quel come e quel perchè sono misterii che non si palesano che in un istante d’intuizione, e scompariscono poscia per sempre. I retori, che per lo più poco sentono, troveranno, se vogliono essere di buona fede, sempre un vuoto fra le regole e l’applica-