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Infatti, io sento Tonde
cantar di lá dal mare,
odo stormir le fronde
di lá dal bosco; e un transito
50d’anime vagabonde il ciel mi pare
Da un calamo di veccia
qua un satirin germoglia,
da un pruno, a mo’ di freccia,
lá sbalza un’amadriade:
55è in parto ogni corteccia ed ogni foglia.
Lampane graziose
giran la verde stanza;
e, strani amanti e spose,
i gnomi e le mandragore
60coi gigli e con le rose escono in danza.
Del mondo ameno o tetro
coni’è che ai sensi tardi
mi piove il raggio e il metro?
e né cornetta acustica
65mi soccorre né vetro orecchi e sguardi?
Com’è che le mie colpe
non anco alTolmo e al pino
latra la iniqua volpe?
né il truculento mártoro
70mi succhiella le polpe a mattutino?
Sono un granel di pepe
non visto: ecco il mistero.
L’erba sul crin mi repe,
ed è minor che lucciola
75nell’ombra d’una siepe il mio pensiero.