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passa lieve sul quadrante,
sfera errante;
metti nido nel mio core,
dolce Amore;
25mentre d’astri il ciel s’ammanta,
noi si canta:
— Da qual madre, a qual ora, in quali sponde
venni alla vita, indovinar non so.
Ne lo sanno quest’acque e queste fronde,
30né questa luna, che va pellegrina
di collina in collina,
e mai del mio natal non mi parlò.
Mi rammento dell’Asia, e vidi i sassi
di Ninive e di Menfi, e udii nitrir
35il cavallo di Ciro, e a tardi passi
mirai per le stellate arabe lande
l’aspro cammello e il grande
dromedario le armate orde seguir.
In margine all’Egeo vidi i misteri
40d’Ecate; e nei latini antri l’altar
d’Uia bendata; e i popoli guerrieri
spaurir colle truci aquile il mondo,
e lunge il furibondo
Odoacre l’enorme asta agitar.
45Quel di non piú nelle romulee cene
d’allegra spuma il calice fiori,
e di Chiara e Cloe, dolci sirene,
bagnar la chioma i molli unguenti invano,
e sul triclinio arcano
50il gemito d’Amor piú non s’udí.