Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
ritrovar ci dovrem, spero accertarmi
245ch’egli era un prode e meritava il dono
ch’oggi gl’invio. —
L’attonita fanciulla,
di pianto ombrate le pupille brune,
stava per favellar, quando un tumulto
s’udi fuor della tenda. Era disteso
250su giaciglio di frasche un giovinetto.
che — Iole! — ripetea — Iole! — strappando
le fasce intrise di purpurea riga.
Iole ululante sull’amata spoglia
lasciò cadérsi, e Ippomenéo gli accenti
255ultimi disse:
— Della patria i fati
s’avvicinano, o Iole. A me vederli
niega, spero, la Parca, lo per te sola
sopravviver potea; ma ritrovarti
in questa tenda è tal dolor, ch’io bramo
260toglier quest’occhi aH’abborrita luce. —
Antimaco l’udia, grave la fronte
d’alta mestizia, e, mentre alla parola
volea schiudere il varco, un fiero strido
levossi, e il ciglio a Ippomenéo si chiuse.
265Dopo assolte le esequie: — Anima egregia
— disse, vòlta ad Antimaco, la Leila
vergine infelicissima, frenando
a gran pena i singulti,—in Ilio vive
la canuta mia madre e due fratelli,
270nemici tuoi, che per le patrie mura
daranno il sangue.
— E a Pergamo tu riedi,
o giovinetta, e nel materno seno
placa il dolore, e a’ tuoi fratelli apprendi
che mia sola compagna è la mia spada,
275e non ho schiave, o le torrei soltanto
nelle case di Priamo, onde il chiomato