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XCIX
VENTO
Oggi che spira detestato vento,
detestato, clié in scn porta la piova,
i vivaci falerni oggi acconsento
al sobrio nappo, ed insanir mi giova.
Ponghiam, dotto Aristeo, tregua al lamento,
se appassirono i fior dell’etá nova:
qualche letizia per i crin d’argento
anco a le feste di Lieo si trova.
Per noi Caio il cinghiai snida dai vepri;
chiosa Manlio un’arguta ode di Fiacco;
Pestio, il vago fanciullo, arde i ginepri:
canta Cinara tua, Lalage arride;
e i morsi d’oro il giovinetto Bacco
lenta a le tigri, e in mezzo a noi s’asside.
C
FOLLETTO
Coronato di fior, pallidi o gai,
e come piace ai numi, o bianco o bruno,
dietro la porta ha il suo folletto ognuno,
e né notte né di Io lascia mai.
Dell’alba al lume o della luna a’ rai,
callido fabro d’ironie quest’uno,
girando gli occhi, come serpe in pruno,
gli fa dolci lusinghe, e il pone in guai.
Sparge il dèmone in danza a noi d’intorno
falsi amor, false glorie e falsi affanni;
e dell’imperio suo l’anima è priva.
L’uom riposo non ha notte né giorno
da questo sogno; e cosí volan gli anni,
come augelli migranti a ignota riva.