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LXIX
QUALUNQUE ROSA ANCORA
Quest’è principio di giornate infide:
freddo mugola il vento a ritta e a manca;
su la punta del tetto il corvo strillo;
per neve il gelso del cortil s’imbianca.
N’hai tedio od ira? Eh, via! non batter l’anca,
né giocondar gli dèi con le tue sfide :
da corruccio serbiam l’anima franca,
sin che il falerno nel bicchier ci ride.
Beviam, candido amico. E poiché l’ora
non si ripiglia, e, come a le colline,
la neve il capo a noi pur anco infiora,
beviam, se non al corvo cd a le brine,
a qualche rosa che ci splende ancora,
mista a le nevi che portiam sul crine.
LXX
A FIN DI CORSO
Sotto il velo dell’aria e della terra,
dov’c in travaglio l’anima infinita,
coi di del tempo e con la morte in guerra
grandeggia il sogno della nostra vita.
E resta, a fin di corso, una romita
croce e la gleba angusta che ci serra;
e chi sa poi, se, questa via fornita,
comincia un’altra che non torce ed erra?
chi sa, se, con desio di ghermir tutto,
ghermirem l’ombre, e senz’ingiuria o lode
anche il vano mio spirto andrá sepolto?
M i, se i padri cibar lo amaro frutto,
tu, Croce santa, che mi sei custode,
rendimi ciò che i padri miei m’han tolto.