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LXI

SERA

Tinto è di rosa il eie): vedi, o Lucia,
nascere quel falcato astro d’argento?
uscir da le grand’ombre un vago accento
non odi tu, senza saper che sia?
qualche sospir, qualche memoria pia
non consegni tu pur, tacita, al vento?
Delle cose infinite il sentimento
piú profondo è in quest’ora, o donna mia.
Noi di lá da quell’astro e sopra quelle
nubi rosate, come qua, d’un nodo
sarem congiunti un di, santa compagna.
Morte a la gloria delle cose belle
conduce noi. Non ci dolghiam del modo,
né qual sia che di noi vada o rimagna.

LXII

MEMORIA ACERBA

Quanti han flutti a passar sotto quel ponte,
di quanti ha spini a biancheggiar la valle,
quanto trifoglio ha da fiorir sul monte,
quante sui prati han da volar farfalle,
quante a inerger napee le ambrosie spalle
han ne’ lavacri di quel glauco fonte,
e quanti spettri per diverso calle
hanno i guadi a varcar dell’Acheronte,
pria che si spegna in me delle perdute
e amate cose la memoria acerba,
che veleggia con me su questo mare!
La santa compagnia per mia salute
mai non mi lascia: il resto è color d’erba,
che sorride un istante e piú non pare.