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XXXIX

PAROLA STOICA

Salda cosa non è sotto la luna
che non dilegui. Come corte l’ali
avete, o vane borie de’ mortali,
sotto lo cieco imperio di fortuna!
Tutte il tempo vi sperpera: solo una
cosa resiste a’ suoi nefandi strali ;
e, piú eh’è cinta di miserie e mali,
ferocemente in sé piú si rauna.
I’ vo dir la magnanima costanza,
che trae l’Olimpo, e qualche volta, ahi dira!
sa far de’ numi e dell’etá vendetta.
Poco ad anima forte è mutar stanza,
quando nulla quaggiú le placa l’ira,
e piú d’un nel romito Orco l’aspetta.

XL

E NEPPUR yUESTOi

Un picciol borgo, una casetta bianca,
coronata di verde in ripa a un fiume,
e, rara compagnia, qualche volume
che da le insidie del dolor ci affranca,
qualche passeggio solitario al lume
roseo del cielo quando il giorno manca,
altro la mia non chiede anima stanca
del duro tempo e del villan costume.
E neppur questo desiar m’è dato,
misero! e traggo la crudel catena,
ribelle indarno a’ miei tiranni e al fato.
Martirio è fissar gli occhi in questa scena
di felici arroganze. Al disperato
martirio il canto m’è salvezza appena.