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D’ogni potente albergo
50tu penetri le soglie
col direnato tergo
e l’anima servii;
me libero la nuda
mia cameretta accoglie
55col buon pensier, che suda
sul renitente stil.
Tu l’altrui cor, tremando,
interpretar t’afTanni,
e un viso afflitto o blando
60foggi, che tuo non è;
a ogni mutar di regno
muti sorrisi e panni,
mascheri affetto o sdegno,
che non alberga in te.
65Io quel che cerco ed amo
e il cor deH’universo;
come augelletto in ramo,
canto la sua beltá;
e, se di duol sospira,
70o freme d’ira il verso,
il duol che sento o l’ira
niuno cangiar mi fa.
Torbido il cardin stride
delle cospicue porte,
75su cui le voglie infide
le cure e il tedio stan.
Soli, in covil negletto,
meglio aspettar la morte,
che su purpureo letto,
80larve adulate invan.