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52 i - edmenegarda

alle parole mie con disdegnosi
gesti, o muti sospiri, o violento
suon di dolcezza... e d’ingannarmi ei crede.
Mio Dio, quanto mutato! Oh s’io sapessi
410quel ch’ei cela nel cor! Gli tedian forse
queste rive del Garda? o ch’io gli costo
qualche grave pensier? —
Sí fatte cose
tra sé volgendo, abbandonò le stanze:
nel giardin si recò.
Pallidamente
415in grembo alle argentate acque del lago
lucea la luna. Era diffuso il cielo.
Placida l’ôra si movea tra i rami;
e d’un novo color, sotto le stelle,
si vestivano i fiori. Entro un cespuglio
420la gentil capinera innamorata
modulava le sue dolci canzoni.
Or sí or no, tra il folto delle piante,
qualche lucciola intorno iva raggiando.
E vivo e terso, come argentea zona,
425mettendo un soffio di sottil frescura,
luccicava tra l’erbe un fiumicello.
E, a compir quella pace, il caro e mesto
suon della sera si spandea dagli alti
campanili del Sirmio; e in una sola
430armonia fervorosa, a mille a mille,
salîr limpide voci; e cielo e terra
pareano intesi a quel sublime accento:
— Santa Madre di Dio, prega per noi ! —
     Sola, non vista, in un segreto calle
435di quel giardino, la colpevol donna,
compreso il cor d’un súbito ribrezzo,
incurvò le ginocchia, e, giunte in croce
le ceree mani, sovra cui profuse
giú cadevan le lagrime del volto,